Per le Chiese occidentali l'Epifania commemora la rivelazione della messianità di Gesù Cristo per i gentili, così come è indicato dall'arrivo dei tre Magi (Matteo 2:1-12), che recano con sé l'oro, il dono riservato ai re, l'incenso, usato per il culto, e la mirra, sostanza impiegata nell'imbalsamazione. Questo breve racconto del Dr. Ralph F. Wilson si basa sul testo biblico.

 

Quando i magi alzarono le tende


Dr. Ralph F. Wilson
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"Potrei affittare quella casetta là dietro per la mia famiglia?" chiese Giuseppe alla nostra porta. "Siamo appena arrivati a Betlemme da Nazaret."

Mio marito Giacobbe replicò: "E come pensate di pagare l’affitto?" Sapete, lui non si fidava degli stranieri. Misericordia! Se avessimo saputo chi erano, glie l’avremmo data subito. Ma in quel momento nessuno sapeva.

Giuseppe mostrò le sue mani. Mani grandi, forti, callose dal duro lavoro. "Lavorerò per te. Ti aiuterò con il bestiame, in estate, durante la mietitura… qualsiasi cosa che abbia bisogno." I suoi occhi ci supplicavano. "Abbiamo appena avuto un bambino la settimana scorsa…"

"Ah… era il vostro bambino quello che è nato nella stalla dietro l’albergo?" chiese Giacobbe.

"Perché? Lo sapevate?" Giuseppe era stupito, ma continuò: "Quando potrò avere un po’ di lavoro da falegname, ti pagherò in contanti."

Vedevo che Giacobbe cominciava a intenerirsi. Mi guardò, poi sorrise. "Sì, potete prenderla," disse un po’ rozzamente. "Ma voglio vederti domani mattina presto, ho del legname da tagliare sulla collina."

Così il pomeriggio sono entrati, e ben presto Maria e io siamo diventate amiche. Mi ricordava un po’ mia figlia.

Due anni dopo – era forse mezzanotte – una grande carovana venne a intasare le strade di Betlemme e si fermò proprio davanti alla nostra casa. I cammelli erano in ginocchio e i cavalieri scendevano dalle loro montature. Erano orientali, e ricchi! Ce n’erano tre – intendo di quelli ricchi; si dice che la servitù non conta.

Guardavano dietro a noi, verso la piccola casetta dove vivevano Maria e Giuseppe con Gesù. Era come avvolta da un lieve bagliore etereo. Guardai in alto, e vidi la stella – penso che era una stella – che diffondeva una chiara luce sulla casa. Gli uomini ricchi – li chiamano Magi – non sembravano spaventati; si dirigevano verso la casetta con il loro seguito di servitori.

Attraverso la porta aperta potevamo vederli in ginocchio, sul suolo di terra, davanti a Gesù che dormiva.

"Abbiamo visto la stella del bambino nell’ Oriente. Sapevamo che significava la nascita di un grande Re fra gli ebrei, più grande di qualsiasi re su tutta la terra," disse Baldassarre. "Così siamo venuti a rendere omaggio al grande Re."

Vedevo lacrime scendere sulle guance di Maria. L’uomo continuò: "Siamo andati a Gerusalemme, ma non erano al corrente della nascita di alcun re."

Gesù un re? Ma come può essere? La sua famiglia è così povera, e Giuseppe è soltanto un falegname-contadino, e Maria una ragazza di paese.

"Abbiamo avuto un’udienza da re Erode," continuò. "I suoi studiosi hanno detto che il Re e Messia deve nascere in Betlemme di Giuda. Re Erode sembrava preoccupato." Si interruppe e mormorò qualcosa agli altri nella sua strana lingua orientale. Vedevi chiaramente che non si fidava di Erode.

I Magi fecero un cenno per far portare i loro doni. Il primo maneggiò con la chiusura di una cassetta, poi aprì il coperchio. Oro! Alla luce tremolante di una lampada si vedevano luccicare monete e lingotti! "È per il Re," disse semplicemente, poi si prostrò davanti al fanciullo. Il piccolo Gesù cominciava a svegliarsi, e guardava attentamente.

Il secondo visitatore aprì il suo scrigno. Oh… un aroma di spezie esotiche inondò la stanza. Gesù annusò e ammirò lo scrigno, e il secondo visitatore si prostrò davanti al bambino.

Poi Baldassarre portò l’ultimo bauletto e ne estrasse un fragile flacone d’alabastro. Tolse il tappo e un nuovo profumo ci invase – pesante, ricco, l’odore della morte – mirra, quella usata per ungere i corpi dei defunti. Che strano regalo per un bambino, ho pensato, anche se è un bambino reale. Poi rimise il tappo, e anche lui si inginocchiò davanti al bambino, con la fronte che toccava fino a terra.

Infine i tre si sono scusati e si sono ritirati dalla piccola stanza. Giuseppe si è rivolto verso Maria, che ha preso Gesù nelle sue braccia. Erano lì, seduti, che si tenevano e cercavano di capire.

Poi Baldassarre parlò a mio marito. "Potremmo mettere le tende nel tuo terreno per questa notte?" Giacobbe annuì.

L’uomo fece un cenno e i servi iniziarono a scaricare le tende. La metà della città stava sulla strada davanti a casa nostra, guardando cosa succedeva, con i volti illuminati dalla luce delle torce. I servi, intanto, scaricavano gli asini e i cammelli, e portavano il materiale ai tre grandi padiglioni che avevano eretti. C’erano cose di tutti i generi. Finalmente la gente ritornò alle sue case. Ma confesso che io non ho dormito tanto.

La mattina dopo, di buon’ora, i servi hanno cominciato a ricaricare gli animali; da ultimo hanno smontato le grandi tende. I Magi sono andati ancora diverse volte da Giuseppe e Maria per vedere il bambino, e infine sono partiti. In lontananza sentivo ancora suonare i campanelli dei cammelli.

La notte successiva, però, fummo svegliati da qualcuno che picchiava con insistenza alla nostra porta. Era Giuseppe. Vedevo che Maria stava fuori con il piccolo Gesù. Giuseppe era pallido come un lenzuolo.

"Entra pure," gli disse Giacobbe, "sei pallido come se avessi visto uno spirito."

"Un angelo," rispose Giuseppe. "Ho avuto un sogno e mi è apparso un angelo. Mi ha detto: ‘Alzati, prendi il bambino e sua madre e fuggi, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo.’" Maria tremava ancora, allora sono andata da lei per sostenerla. Giuseppe chiese: "Giacobbe, posso comperare uno dei tuoi asini per il nostro viaggio?"

"Certamente!"

Giuseppe prese una moneta d’oro dalle pieghe della sua veste. "Questo dovrebbe bastare," disse mettendola fermamente nel palmo di Giacobbe.

Ho visto gli occhi di mio marito illuminarsi mentre le sue dita si chiudevano. Stava già mettendola via, quando si fermò, e restituì la moneta a Giuseppe. "No," disse, "voglio regalartelo, e ti auguro buona fortuna." (Ero veramente fiera di Giacobbe in quel momento.) "È il minimo che possiamo fare," disse, "per te… e per il bambino Gesù."

Col cuore in gola mi sono data da fare per cercare un po’ di cibo per la famiglia. Nel frattempo Giacobbe e Giuseppe legavano gli scrigni sull’asino di Giuseppe. Poi Giuseppe aiutò Maria e il bambino a mettersi in groppa all’asino – il nostro – e abbracciò Giacobbe. "Non so come possiamo ringraziarvi per quello che avete fatto per noi in questi anni," disse. "Ci avete fatti sentire a casa, e ora… e ora dobbiamo lasciarvi in mezzo alla notte. Grazie." Poi bisbigliò: "Non direte a nessuno dove siamo diretti, vero?"

"Dove andate? Ritornate a Nazaret?"

Giuseppe rispose: "È meglio per voi che non lo sappiate. Ma ci vedremo ancora. Sono sicuro che ci vedremo ancora." E con quelle parole guidò gli animali sulla strada che porta a sud, verso l’Egitto. Li ho salutati con la mano, e il piccolo Gesù mi ha risposto.

"Giacobbe, pensi che saranno al sicuro, da soli, con tutto quel tesoro?" chiesi.

Lui mi guardò con tenerezza e sorpresa, uno sguardo che vedevo raramente. "Il Dio che ha chiamato i Magi e inviato l’angelo è là vicino a loro. Non sono soli, Rebecca. Come potrebbero mai esser soli?"

 


 

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Traduzione e osservazioni Traduzione Sandro Ribi. Accetto volentieri suggerimenti per migliorare la presentazione.
Ultimo aggiornamento 06.04.09
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